A partire da quell’ormai lontano 19 aprile 2005, giorno della sua elezione al soglio petrino, Benedetto XVI (al secolo Joseph Ratzinger) appare sempre più il Papa dell’ «esclusiva», un Pontefice cioè che ragionevolmente non disdegna l’uso dei mass media per diffondere la verità e la speranza del messaggio evangelico.
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I frutti più interessanti del rapporto tra Benedetto XVI e il mondo del giornalismo sono due: l’intervista rilasciata il 20 settembre 2005 all’emittente polacca TVP (si tratta, per intenderci, della prima volta nella storia della Chiesa in cui un Romano Pontefice accetta di concedere un’intervista televisiva) e il libro intitolato Luce del mondo, risultato di una lunga conversazione diretta e personale, anche questa unica nella millenaria storia cristiana, che Benedetto XVI ha concesso al giornalista tedesco Peter Seewald.
Luce del mondo nasce dunque all’insegna di un’eccezionalità che trova tuttavia un fondamento nelle parole con cui Peter Seewald spiega nella premessa l’atteggiamento del Sommo Pontefice: «La Chiesa non deve nascondersi […], la fede deve essere spiegata; e può essere spiegata, perché è ragionevole».
Nel libro è innanzitutto dipinta la realtà attuale caratterizzata dalla frenesia che dirige le nostre azioni impedendo all’uomo di vivere razionalmente il tempo e assaporare le piccole cose: ciò ha inesorabilmente condotto alla formazione di mondi dell’apparenza (quello della finanza, della moda, di alcuni media) privi di qualsiasi riferimento morale e del pensiero del trascendente.
La sfida a cui la Chiesa è chiamata a cimentarsi nei prossimi anni è proprio il riproporre il messaggio evangelico con un linguaggio comprensibile alla sensibilità moderna in maniera tale da fornire le risposte a quelle domande sul senso della vita che l’uomo si pone a prescindere dalle nazioni, dalle culture, dal tempo e dallo spazio. Consapevole di ciò Benedetto XVI afferma che «[…] la religiosità deve rigenerarsi e trovare così nuove forme espressive e di comprensione» in quanto «l’uomo di oggi non capisce più immediatamente che il Sangue di Cristo sulla Croce è stato versato in espiazione dei nostri peccati. Sono formule grandi e vere, e che tuttavia non trovano più posto nella nostra forma mentis e nella nostra immagine del mondo; che devono essere per così dire tradotte e comprese in modo nuovo».
La Chiesa del III millennio è chiamata ad affrontare anche la spinosa questione del relativismo di cui Papa Ratzinger è profondo conoscitore e avversario. Già nella messa di apertura del conclave l’allora decano del collegio cardinalizio aveva espresso la sua preoccupazione per la «dittatura del relativismo […] che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie». Ora, dal soglio petrino, Benedetto XVI parla della necessità di «avere l’audacia di dire: sì, l’uomo deve cercare la verità; egli è capace di verità» nonostante «la gran parte delle filosofie odierne sostiene effettivamente che l’uomo non sia capace della verità» e dunque «non sarebbe nemmeno capace di moralità».
Le domande di Seewald si concentrano poi sui temi legati al progresso, all’inquinamento e alla crisi economica che il Papa ebbe già occasione di analizzare ampiamente nel 2009 con la sua enciclica Caritas in veritate, una pietra miliare della dottrina sociale della Chiesa, in cui si chiedeva l’impegno dei vari stati per «un ordine economico più giusto, più umano e più improntato alla salvaguardia dell’ambiente». Tuttavia Benedetto XVI ritorna ora sul concetto di progresso invitando a considerare che oggi è inteso come «combinazione di conoscenza e potere» a cui «manca un punto di vista essenziale: che è l’aspetto del bene». Da ciò viene fuori l’obiettivo della Chiesa: impegnarsi a ripristinare «l’aspetto etico» del progresso «del quale fa parte la responsabilità di fronte al Creatore».
Luce del mondo è anche il luogo in cui si confessa il Papa “privato”, ovvero l’uomo Ratzinger, amante della musica e dei film di Don Camillo e Peppone ma anche profondamente attaccato alle sue cose e ai suoi ricordi: il Pontefice racconta di aver voluto arredare il suo studio nell’appartamento vaticano con i vecchi mobili acquistati nel lontano 1954. È poi descritto il rapporto del Pontefice con i membri della Famiglia Pontificia (i due segretari e quattro donne consacrate della comunità Memores Domini) con i quali si festeggiano gli onomastici e si condividono momenti importanti come il Natale o la messa mattutina.
Dopo questo interessante spazio confidenziale Seewald affronta alcune problematiche che hanno connotato fino ad oggi il pontificato di Benedetto XVI e che spesso hanno sottoposto la Chiesa a duri attacchi mediatici. Si parla ad esempio dei casi di pedofilia che hanno avuto come protagonisti alcuni sacerdoti cattolici soprattutto negli Usa e in Irlanda. Benedetto XVI replica con fermezza affermando che «è un peccato molto grave se una persona che in realtà dovrebbe aiutare gli uomini a trovare la strada verso Dio, alla quale si affida un bambino, un adolescente per trovare il Signore, invece abusa di lui e lo allontana dal Signore». Inoltre il Papa esprime la profonda contrizione personale che già era emersa nella Lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda del 21 marzo 2010 in cui il Romano Pontefice, vicino alle vittime degli abusi sessuali, scriveva: «Avete sofferto tremendamente e io ne sono veramente dispiaciuto. So che nulla può cancellare il male che avete sopportato. È stata tradita la vostra fiducia, e la vostra dignità è stata violata. Molti di voi avete sperimentato che, quando eravate sufficientemente coraggiosi per parlare di quanto vi era accaduto, nessuno vi ascoltava. […] A nome della Chiesa esprimo apertamente la vergogna e il rimorso che tutti proviamo».
Analizzando le cause degli abusi sessuali Benedetto XVI riconosce che ci sono state anche mancanze da parte delle gerarchie ecclesiastiche e evidenzia come «il Diritto penale canonico […] a partire dalla metà degli anni Sessanta semplicemente non è stato più applicato» in quanto «dominava la convinzione che la Chiesa non dovesse essere una Chiesa del diritto, ma una Chiesa dell’amore; che non dovesse punire» spegnendo «la consapevolezza che la punizione può essere un atto d’amore». Tuttavia, dietro questa deplorevole vicenda, Papa Ratzinger individua anche un aspetto positivo: l’Anno Sacerdotale, indetto per il 2009, non è stato vissuto come mera autocelebrazione ma ha assunto i caratteri della purificazione e del ritorno alle origini.
Altra questione scottante per Benedetto XVI è stata la revoca della scomunica a quattro vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X tra cui il famigerato mons. Williamson convinto assertore della falsità storica dell’Olocausto e dell’esistenza delle camere a gas naziste. Il Pontefice chiarisce che la revoca della scomunica è stato un atto giuridico in quanto i quattro vescovi furono consacrati senza il mandato papale ma, in seguito, hanno riconosciuto pubblicamente, la piena comunione con il successore di Pietro.
Per quanto riguarda mons. Williamson il Papa riconosce di non aver esaminato a sufficienza la questione e ribadisce la necessità di un dialogo sempre più intenso e costruttivo con il mondo ebraico. Del resto, il dialogo è una delle peculiarità del pontificato di Benedetto XVI, come appare palesemente in Luce del mondo. Mai fino ad ora si era arrivati ad intrecciare relazioni così strette con il mondo ortodosso e con le altre religioni monoteiste, segno della volontà di condurre una comune battaglia contro il secolarismo dei nostri giorni.
Su questa falsariga in cui si intrecciano eventi pubblici e privati, considerazioni personali e disposizioni del Magistero si sviluppa Luce del mondo, un libro essenziale per comprendere le sfide della cristianità e le fatiche quotidiane di un Pontefice che costantemente ricorda a se stesso e al mondo di non essere il successore dell’imperatore Costantino, ma di un semplice pescatore (sapiente e antico messaggio tratto dal De consideratione di S. Bernardo).

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