Il 25 Aprile non è solo una data del calendario. Non è un giorno di festa e scuole chiuse, e negozi a discrezione personale. Non è una giornata storica, è la nostra storia. L’essenza di ciò che siamo e viviamo. E mi trovo d’accordo con il Presidente della Repubblica, Mattarella: è la giornata dei bambini, perché essi sono il nostro futuro e non esiste futuro che non contempli il passato. Siamo tutti figli di quel 25 Aprile di settanta anni fa.
Ginevra prima di essere mia figlia è figlia di quei partigiani che ci liberarono dal Fascismo. Perché se lei studierà, se lei vivrà in una democrazia, se pur imperfetta e con tutte le sue contraddizioni, lo deve a quei partigiani, prima che a me e al padre. Il 25 Aprile non è una giornata commemorativa, in un paese veramente civile ogni giorno dovrebbe essere 25 Aprile. Siamo tutti debitori di chi morendo per noi ha cambiato la storia di un paese, rendendo tutte le nostre vite migliori. Dovremmo ricordarcene più spesso. Dovremmo ricordarlo di fronte ai nuovi sbarchi, alle morti che avvengono nel Mediterraneo, dovremmo ricordarlo quando festeggiamo il 25 Aprile e poi difatti lo rinneghiamo facendo uscire il peggio di noi, non considerando i migranti come esseri umani, ma come nemici, problemi, senza renderci conto che siamo stati noi a privare quei popoli di tutti i loro diritti, e qualcosa gli dobbiamo: siamo debitori nei loro confronti. Non è solo solidarietà o umanità ,ma giustizia sociale. Oltre che accoglienza sintomatica di un paese civile e democratico, quella stessa democrazia per la quale donne e uomini lottarono e morirono settanta anni fa. Ricordiamocelo un po’ più spesso. Ricordiamocelo sempre, se vogliamo dare onore ai partigiani, se vogliamo essere credibili agli occhi dei nostri figli. Buona esistenza, e buona resistenza a tutti.