L’anno scolastico per me è iniziato una settimana fa. Una telefonata improvvisa, una corsa in segreteria, tanti moduli da firmare (dove, per lo più, affermo sotto mia responsabilità che non ho processi penali in corso, carichi pendenti con la giustizia, e che insomma non sono né una spietata serial killer né un’affiliata a nessuna organizzazione criminale presente su territorio nazionale) ho preso servizio. Il tratto di strada dalla segreteria alla scuola che mi ospiterà per un po’ in questo autunno/inverno 2018/2019 (io stagionale come un abito di Armani) l’ho percorso con il cellulare incollato ai miei lobi: c’è la pupa da sistemare. E non ho i nonni a seguito. E allora parte il coordinamento con le maestre e la mamme di salvataggio, e le deleghe da firmare, ed ancora i nuovi orari del tram. Fra una telefonata e l’altra, un “Grazie” ed un “Non so come avrei fatto!!!”, arrivo a scuola.

Ed ogni anno è una nuova, precaria, meravigliosa sfida: io e le molteplici versioni di me stessa. E di nuovo la routine diviene ritmo, ed il ritmo routine. E la vita un’altalena. Un sempiterno su è giù. Anche con le mie emozioni. Muovendomi con i mezzi ed avendo una certa propensione al ritardo, mi ritrovo, quando ho la prima ora, a prendere il tram prestissimo (perché non ho mezze misure: o in anticipo massimo o in ritardo. Estrema sempre) e così mi capita di arrivare ancora prima del personale scolastico. L’attesa che di solito non amo improvvisamente diviene respiro. Assaporo, osservando un albero, il niente, il nulla, il silenzio. Ed una serie di catartici non devo mi accarezzano: non devo correre, non devo prendermi cura di nessuno, non devo cucinare / lavare ed affini. Non devo svegliare / far addormentare la pupa. Non devo accompagnarla / riprenderla dall’asilo. Non devo riordinare giocattoli e/o guardare cartoni e/o leggere favole. Non devo firmare deleghe, contattare baby sitter, sorridere, parlare, intrattenere. Non devo nemmeno pensare. Non ho compiti da eseguire. Osservando un albero non mi annoio, mi riapproprio di me. Ed ancora una volta “Odo stormir tra queste piante, ove s’annega il pensier mio, e il naufragar m’è dolce in questo mare”. Buon anno scolastico, ma soprattutto buona vita, a tutte e tutti.

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