L’eco delle feste è svanito da un po’ e non con la stessa velocità i chili da smaltire. Di solito qualcuno si prende in questi periodi, se poi di mezzo c’è anche il tuo matrimonio anche riuscire a respirare il 7 Gennaio senza starnazzare è già tanto. Perché non è vero che le spose non mangiano: io non ho saltato una portata, perché avrei dovuto? Certo ho ballato tanto, e forse qualcosa avrò bruciato (oltre ad aver strappato l’abito. Dicono che porti bene).
Ma poi io non sono grossa (che orribile parola, io l’abolirei), semplicemente non sono omologata ai criteri di bellezza vigente. Sono vintage. Ma sì, i chili delle feste (e anche quelli della gravidanza, mia figlia ha quindici mesi, ma loro, i chili, evidentemente si sono affezionati a me) spariranno, prima o poi. C’è qualcos’altro che dura e durerà. E non è semplicemente il rientro, è qualcosa di più profondo e viscerale. Quel qualcosa che ogni vota stringe l’anima. E’ l’odore del mare, il verde delle colline, la fuliggine del mio paese, l’abbraccio di mia madre, i suoi immensi occhi verdi che si confondono con il paesaggio intorno, i paesaggi calabri, tutto questo non si smaltisce mai. Perché sono le mie radici. La mia essenza. Il rientro per noi migranti è sempre un viaggio, lungo latitudini geografiche ed emotive. E’ un cammino che sa di rabbia, ma anche di abitudini, nostalgie e futuro. E tutto si fonde, ancora una volta, per me donna trafelata e moderna migrante, negli occhioni di mia figlia. Inizia il nostro viaggio. Al Nord. Con il Sud, il nostro Sud, nell’anima. Sempre.