anna de blasiAdda passà a’ nuttata diceva una delle più grandi personalità del teatro del Novecento: Eduardo De Filippo. Come grande uomo di teatro ha costruito sogni e realtà altre, ma è stato soprattutto uomo radicato nella sua realtà. Nelle sue commedie ha raccontato la sua Napoli. E, forse, tutto il Sud. Ha raccontato la vita per quella che è, non tralasciando mai, se pur nell’analisi del reale, l’aspetto magico/favolistico. Aspetto riscontrabile nei suoi protagonisti un po’ sognatori ed idealisti.

L’idealismo di Eduardo è rintracciabile, ad esempio, nella costruzione del presepe (Natale in casa Cupiello), che diviene emblema di realtà altra. Come se tutto ciò che succede attorno non riesce ad essere colto dal protagonista (come l’adulterio della figlia), tutto preso dalla contemplazione del suo presepe. Di solito sono, nel teatro di Eduardo, le figure maschili quelle un po’ alienate dalla realtà e legate ai sogni, a differenza delle protagoniste femminili che risultano essere più pratiche e tengono le fila della famiglia. Ha raccontato la vita Eduardo con le sue contraddizioni, il suo disagio, il suo dolore, la sua ironia. Perché la vita sa esserlo ironica, molto. Basta saperne cogliere le sfumature. Ed Eduardo di sfumature se ne intendeva. E’ stato drammaturgo, attore teatrale e cinematografico, regista teatrale e cinematografico, sceneggiatore, poeta. Le sue opere sono state tradotte ed interpretate in tutto il mondo, perché alcuni sentimenti sono universali. Questa è stata la grandezza di Eduardo: la sua radicalità nel territorio napoletano, e la sua universalità. Per i suoi meriti fu nominato senatore a vita, dall’allora presidente della repubblica Sandro Pertini. Fu anche candidato per il premio Nobel alla letteratura. Figlio d’arte, suo padre era il grande commediografo Eduardo Scarpetta. Il teatro nelle sue vene, il teatro come la più grande eredità. Quella stessa eredità che De Filippo lasciò trenta anni fa a tutti noi, con le sue intramontabili opere: “Sik Sik l’artefice magico”, “Questi fantasmi”, “Filumena Martutano”, “Natale in casa Cupiello”, “Uomo e Galantuomo”, “Ditegli sempre di si”, “Thè alle cinque”, “Tre adattamenti teatrali”, “L’arte della commedia”, “Dolore sotto chiave”, “La parte di Amleto”, “La grande magia”, “Sabato, Domenica e Lunedì”, “Sintetici a qualunque costo”, “Non ti pago”, “Tre mesi dopo”, “L’arte della commedia”. Solo per citarne alcuni. Vastissima è la produzione di Eduardo. Diversi i temi trattati: il teatro stesso, esplorando il meta teatro, la follia, il tradimento, la perdita, la malattia, la rinuncia, la famiglia, la maternità, l’universo femminile, racchiuso in quel capolavoro assoluto che è Filumena Marturano. E non basterebbe un saggio per ricordare Eduardo a trenta anni dalla scomparsa, ma al di là di recensioni ed esegesi, ciò che resta di questo grande uomo di teatro è l’emozione che ha dato. Io ho approfondito la mia conoscenza di De Filippo all’università, durante i miei studi di teatro. Ho amato la sua capacità di ridere nel pianto, una sorta di solarità nel lutto. Ho imparato a cogliere le sfumature dei suoi personaggi, ho provato tenerezza per Sik Sik ed ammirazione/solidarietà/interesse per quella grande donna che è stata Filumnea. Ho analizzato i suoi testi, leggendo il valore simbolico che è dietro ogni suo personaggio. Sono un’appassionata del suo teatro, ma il ricordo più dolce, il “mio” Eduardo resta la visione di “Natale in casa Cupiello”, da bambina, con i miei genitori. La sera di Natale. Quando non capivo tutta la poesia del maestro, mi bastava quella quiete familiare.     Ed ora che potrei analizzare con maggiore competenza le opere di Eduardo in questo suo trentennale, il mio migliore tributo non può che essere il ricordo. Di un lontano natale, Di un’emozione. Lunga una vita. Natale in casa Cupiello ha fatto parte della storia della mia famiglia. Ed è quel brivido che ha il sapore del ricordo che mi lega, più di tutti gli studi fatti, al maestro.

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