
Le “dat”, mantenendo il principio dell'obbligatorietà dei trattamenti di nutrizione e idratazione, considerati “sostegno vitale” e, dunque, non sospendibili, hanno validità per 5 anni, termine oltre il quale perdono ogni efficacia, ma che, in ogni caso, per effetto dell’approvazione di un emendamento introdotto dall’Udc, non sono, peraltro, vincolanti per il medico, il quale non è obbligato a seguire le Dat, ma le valuta “in scienza e coscienza”. Nell'eventuale controversia col fiduciario, (il medico) si avvarrà del giudizio di un collegio medico, anche questo non vincolante.
Dunque, l'ultima parola ovvero decisione, al di là della volontà del paziente, del fiduciario nominato, del collegio medico o del Tribunale, ricadrà sul medico stesso.
A questo punto a cosa servirebbe ovvero che senso o funzione avrebbe il Testamento Biologico?
Pertanto, l'altro ramo del Parlamento ha il compito fondamentale di rivedere e riformulare il testo normativo, impedendo, in tal modo, di snaturare e svilire lo spirito ed i principi a cui l'iniziativa legislativa era ispirata.
In caso contrario, “è meglio non avere alcuna legge che avere una legge sbagliata e cattiva” come sostiene il famoso oncologo e Senatore del Pd Prof. Umberto Veronesi.
Aggiungo: una legge illiberale ed “all'italiana”!!
Difatti, il disegno di legge nella formulazione attuale non garantisce l'autodeterminazione dei singoli cittadini a scegliere, limitando la libertà di ogni persona ad opporsi o rifiutare l'accanimento terapeutico.
La conseguenza di tutto ciò comporta il fatto che essere costretti a subire un trattamento non voluto è in sostanza contro la legge.
Siamo veramente all'assurdo!!
La legge in contestazione, d'altra parte, ha evidenti profili di incostituzionalità, contraddicendo l'articolo 32 della Costituzione (“nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario... la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”), nonché il Trattato di Oviedo del 4/4/1997 (direttamente applicabile), sottoscritto dall'Italia.
Con la legge in discussione alla Camera, invece, la vita artificiale diventa un obbligo. Un obbligo di Stato contro diritti quali la libera scelta terapeutica, l'autodeterminazione, la responsabilità della propria vita.
Tutto ciò è inaccettabile!!!
Il sospetto nella vicenda è che in realtà il testo approvato sia stato “suggerito” dalle Autorità Ecclesiastiche che ogni qual volta peccano di un atteggiamento paternalistico rispetto le grandi questioni etiche trattate in Italia.
La Chiesa Cattolica deve aver ben chiaro che lo Stato Italiano non costituisce il giardino del Vaticano!!!
Tale scorretta condotta esige un superamento da parte della Chiesa, essendo del tutto controproducente, atteso che genera reazioni esasperate ed esagerate diametralmente opposte, ostacolando il confronto ed il dialogo tra laici e cattolici.
Quindi, le predette pressioni talari hanno capovolto lo spirito e i principi a cui era ispirata la proposta di legge sul testamento biologico, che oltre al tentativo di colmare un vuoto legislativo (vedi caso Englaro), aveva e tuttora ha l'obiettivo di affermare il diritto di ogni cittadino italiano di rifiutare questo modo innaturale di terminare la propria vita.
Stupisce davvero che proprio una visione del mondo che si vuole cristiana - qual è senz'altro quella di chi ha ispirato e redatto questa legge - “abbia deciso di sottrarre la morte alla sua tragica e misteriosa umanità, alla sua natura di drammatica prova e compendio di una vita e dei suoi affetti, per consegnarla invece alla gelida presunta imparzialità dell'apparato sanitario, alla tecnocalità del sapere medico-scientifico” (vedi dichiarazioni di Ernesto Galli della Loggia).
Domanda: è in questo modo che si spera di contrastare l'arroganza culturale della tecno-scienza?
Mi pare tutto ciò contraddittorio. Sento un forte odore di ipocrisia ecclesiale.
Nel sistema legislativo attuale la decisione di come e quando prolungare l'assistenza è completamente nelle mani dei medici, mentre, al contrario, dovrebbe essere (anzi deve essere) un diritto inalienabile ed indisponibile di ogni cittadino amministrare il suo stato ovvero più specificatamente decidere se iniziare, o quando lasciare, il trattamento di sostegno.
Nell'era dell'iper-tecnologia, della società complessa, globalizzata, multietnica, multireligiosa e multiculturale, ormai, il prolungamento o l'accorciamento della vita non sono valori in sé, ma assumono valenza in relazione al sostegno in quanto tale del progetto di vita di ognuno di noi.
Da ciò deriva che al medico non deve competere più l'ultima parola. Il rapporto subalterno medico-paziente deve cambiare.
E' opportuno e legittimo che ogni individuo debba riappropriarsi di scelte che riguardano la propria esistenza e la sua qualità di vita, in ogni fase. Compresa quella finale.
Tale scelta deve essere, quindi, un mero risultato o espressione di una valutazione, intima, meditata ed autonoma sulla consapevolezza e senso della vita.
In tutto ciò deve prevalere il concetto e principio di responsabilità della vita che pare in contrasto con quello della sacralità della vita (Dio ci dà la vita e Dio ce la toglie). Questo, non vi è dubbio il grande dilemma e mistero, che purtuttavia non deve mai sviarci e far dimenticare della laicità dello Stato.
In un paese civile, laico e moderno bisogna puntare sull'Autodeterminazione dei singoli. E' impensabile l'affidamento totale a terzi, anche se hanno prestato il Giuramento di Ippocrate.
Le conquiste dell'iper-tecnologica medicina moderna hanno rivoluzionato il concetto di vita e di morte. Fino a cinquant'anni fa c'era la paura di morire anzitempo. Attualmente, al contrario, c'è quella di sopravvivere oltre il limite naturale della vita, in una condizione artificiale, priva di coscienza e di vita di relazione. Le società moderne si trovano di fronte dilemmi sconosciuti alla storia e al pensiero che non si possono ignorare.
Dunque, è necessario costruire un sistema normativo aperto, laico e liberale a tutela di ogni esperienza, confessione o convinzione, ove chi difende la sacralità della vita sceglierà comunque di affidarsi a Dio, mentre coloro che non hanno fede, potranno affidarsi ai poteri della scienza medica o scegliere quando e come stabilire dei limiti.
Welby ha sostenuto che «la Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. [...] Purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche».
Sono pienamente d'accordo. Nel caso mi trovassi (faccio gli scongiuri) nella medesima situazione staccate, per favore, la spina. Sono sicuro che Dio nella sua immensa Bontà mi perdonerà.