L’esito referendario del dicembre scorso, oltre ad aver rottamato il Governo di Matteo Renzi, ha posto fine al trentennale riformismo istituzionale dei partiti, dando inizio ad una stagione di turbolenza ed instabilità politica (non breve) che neppure le prossime elezioni saranno in grado di superare.
Di conseguenza, in questa nuova fase, i partiti tradizionali hanno l’obbligo di rinnovarsi (sia nei contenuti programmatici che nei quadri dirigenziali) e riposizionarsi, evitando di favorire quei processi di frammentazione e divisione già in atto.
In particolare, la sonora sconfitta del “fronte del Sì”, per esempio, ha riaperto una partita all’interno della sinistra italiana tra Riformismo e Massimalismo, che la costruzione del Partito Democratico (e la leadership del boy-scout di Rignano sull’Arno) sembrava avesse ormai archiviata.
In effetti, contrariamente alle aspettative di rilancio, il congresso del Pd (che si terrà fra pochi mesi) non farà altro (ovvero non sarà capace) che ratificare la scissione delle due anime del partito che nell’ultimo decennio con miopia si è tentato di conciliare, producendo un’acutizzazione delle tensioni nei rapporti interni, nonché un’azione politica inefficace alla risoluzione dei problemi in campo.
Perciò, non appare complicato prevedere tempi difficili per la sinistra italiana (o le sinistre italiane), come resta tortuoso, confuso e senza prospettive il futuro prossimo della destra nostrana fino a quando essa non si emanciperà dal Cavaliere e, quest’ultimo, non si convincerà di abdicare in favore di quei giovani leaders interessati a costruire la casa liberal-conservatrice, differenziandosi dai movimenti regionalisti e populisti.
Per cui, fallito il tentativo Renziano di riformare dall’interno il sistema politico italiano, il “comitato del No” ha consegnato il paese a Grillo e non potrà certo il neo-Governo Gentiloni, sorretto, solamente, dal Presidente della Repubblica, a sbarrargli la strada di Palazzo Chigi.
Allo stato, dunque, l’unica forza politica capace di ostacolare il cammino del Movimento Cinque Stelle sembra proprio il Movimento stesso, il quale negli ultimi tempi ha dimostrato un preoccupante dilettantismo politico ed una spregiudicata incoerenza programmatica, segno evidente di una classe dirigente fragile ed approssimativa.
Oltre a se stessi, i “Grillini” devono far attenzione al bizzarro sistema politico italiano (che essi tanto generosamente hanno difeso), ove non è automatico che il potere esecutivo spetti alla forza politica che riceva maggiori consensi nel Paese, bensì a quella che è capace di intercettare il favore della maggioranza dei gruppi parlamentari.
Per cui sarà fondamentale conoscere la legge elettorale con cui si andrà a votare alle prossime elezioni politiche, poiché essa deciderà il prossimo inquilino di palazzo Chigi.
Tutto il resto, purtroppo, non conta più!