
Queste, ormai, sono divenute le domande più ricorrenti dei cittadini, delle forze politiche, delle forze sociali e, finanche, dei forestieri o dei turisti che durante le ferie estive soggiornano (purtroppo sempre di meno) nella ridente cittadina di origine illirica.
La “crisi spezzanese” rappresenta il tema principale delle “tavole” e dei “salotti” cittadini, nonché l'argomento prevalente dell'opinione pubblica locale.
Comunque, il lait-motive che emerge dagli anzidetti confronti è quello di rimpiangere “la Spezzano del passato” la “ Spezzano che non c'è più”. Il paese per antonomasia dello “struscio”!!!!
Il paese del divertimento, della mondanità, ma, pure, dell'avanguardia, del progresso, della civiltà, della cultura, della tolleranza, dell'accoglienza!!
La comunità guida del territorio. Esempio concreto di modello comunitario a cui ispirarsi La vera capitale morale ed economica dell'Arberia!!!!
Quindi, non esagero, ricordando il fatto che i forestieri, nel visitare la comunità di Spezzano Albanese, all'unisono, avevano l'impressione di trovarsi in una località turistica e, giammai, nella retrograda e squallida Calabria.
Dunque, perché Spezzano Albanese peggiora sempre di più, giorno dopo giorno?
Aderisco in parte alla spiegazione dei più di attribuire le responsabilità di tale stato di cose alla crisi del sistema dei partiti, i quali, per amor della verità, con la loro incapacità e l'impegno profuso, giorno dopo giorno, hanno avuto il merito di peggiorare la situazione in modo quasi irreversibile.
Epperò, al di là delle battute, sarebbe semplicistico ridurre, la vexata quaestio sulla mancata formazione di una nuova classe politica adeguata alla propria funzione, dopo la caduta negli anni novanta del “regime comunista”.
La fine del “sistema comunista locale” non deve trarre in inganno, ritenendola la causa diretta del processo involutivo del paese, ma, viceversa, esso stesso rappresenta l'effetto più evidente del processo degenerativo in atto nella società arbereshe.
Dunque, le ragioni di tale progressiva decadenza devono ricercarsi altrove in compositi fattori che affondano le radici verso la fine degli anni sessanta e nei primissimi anni settanta, epoca di profonde trasformazioni economiche e sociali che hanno rivoluzionato la fisionomia del paese.
Ritengo che tutto ciò ha avuto inizio con la realizzazione dell'autostrada Salerno -Reggio Calabria ed il conseguente declassamento della SS19 a via di comunicazione di secondo livello.
E' indiscutibile che l'apertura del predetto tratto autostradale ha comportato, come effetto principale, la sottrazione a Spezzano Albanese della sua posizione centrale, di area strategica, di snodo cruciale dei traffici e dei commerci.
Quindi, la realizzazione di essa ha stroncato, definitivamente, le fortune storiche di crescita e ricchezza del nostro paese, legate all'attraversamento della Statale 19, estromettendola dal “passaggio della civiltà”.
In sostanza, la comunità è stata tagliata fuori dal progresso!!!
Essa è stata ridimensionata nelle sue ambizioni di sviluppo nella sua vocazione storica ed riassorbita nel desolante contesto territoriale.
Ma v'è di più. L'inesorabile declino della comunità, deve ricondursi, altresì, al considerevole calo demografico subito negli ultimi decenni.
La diminuzione della popolazione ha depauperato le potenzialità del paese.
Le nuove generazioni, non trovando le giuste condizioni e legittime opportunità sono emigrate al settentrione oppure all'estero.
Quindi, il paese è stato sottoposto ad un continuo processo d' impoverimento umano, sociale e culturale.
La maggior parte delle intelligenze del paese hanno trovato dimora in altre realtà lontane dal borgo natio.
Tale fenomeno migratorio si è riflesso non solo nelle strutture produttive ed economiche del paese, ma nella cittadina nella sua intera globalità.
Ma la “decadenza spezzanese” è stata generata, soprattutto, da mere ragioni economiche che hanno provocato un vulnus sociale e culturale mai ricompostosi.
Essa è ascrivile, sostanzialmente, alla crisi dell'agricoltura, fattore produttivo principale dello sviluppo e crescita del centro albanese.
Ed invero, negli anni cinquanta, per merito delle politiche riformatrici dei governi centristi, nonché le rivolte contadine delle “occupazione delle terre” è stato favorito, anche a Spezzano Albanese, un allargamento della base produttiva, rinnovandone la morfologia sociale ed economica. Il paese è passato da una “massa informe di braccianti” ovvero “ di proletari agricoli”, che “ tiravano a campare” con il lavoro precario ed aleatorio offerto dalla borghesia terriera locale, a “ piccoli proprietari terrieri”, che, conquistata la propria libertà di iniziativa ed autonomia negli affari, hanno prodotto profitti e ricchezza che, si è naturalmente riverberata negli altri settori produttivi (artigianato e commercio).
Tale positiva metamorfosi ha generato benessere e prosperità per l'intero paese. Pur tuttavia, al predetto epocale cambiamento, non è seguita, coerentemente, la formazione di una classe imprenditoriale agricola moderna di tipo industriale, come è avvenuto in altre realtà limitrofe.
Difatti, la generazione dei figli “dei piccoli proprietari terrieri” non ha puntato o meglio non ha creduto sull'opportunità di investire sulla terra, ma, viceversa, avendo le risorse ed i mezzi, provenienti proprio dalla terra, si è indirizzata verso il mito della piccola borghesia “del posto statale” e “del posto fisso”, avviando un processo di “impiegatizzazione” irreversibile del centro arbereshe.
Quindi, con l'abbandono della terra, si è passati da un'economia agricola produttiva ad un “economia agricola assistenziale e parassitaria”, senza futuro, basata “sui finanziamenti governativi” le “integrazioni varie” e “sulle 51 giornate”.
Tutto ciò ha causato la crisi dell'agricoltura ed il chiaro impoverimento della comunità.
La nuova fase, per di più, ha dato vita alla formazione di una “piccola borghesia”, del tutto immatura, inconsapevole ed impreparata alla funzione e al ruolo che ricopre nella società.
Quest'ultima classe emergente, in sodalizio con la classe operaia e proletaria, in poco tempo ha preso in mano le redini della comunità, divenendo classe dirigente e gestore del potere locale senza nessuna opposizione di sorta.
Tuttavia, la nuova classe dirigente, nel quadro economico e sociale sopra descritto (perdita posizione strategica-emigrazione-crisi agricoltura), non avendo la stoffa, perché senza storia, senza qualità culturali, non è stata capace di sostituirsi in termini positivi alla vecchia e storica classe dirigente della borghesia intellettuale e terriera, la quale, nel frattempo, nella maggior parte dei casi, si è trasferita altrove (Roma- Milano), oppure ha rinunciato alla gestione attiva del paese.
Il nuovo blocco sociale di potere formatosi (piccola borghesia-classe operaia), che tuttora gestisce il centro albanese, è l'artefice dei maggiori disastri in campo urbanistico, economico, sociale e delle strutture politiche partecipative degli ultimi decenni che hanno aggravato la situazione di crisi sopra descritta.
Infine, a tale blocco di potere, ultimamente, si sono aggiunti gli avidi “clientes”, una nuova nutrita e composita formazione sociale (derivante dalla crisi economica generale), costituita da nullatenenti, disoccupati, precari, giovani intellettuali a spasso, pseudo-imprenditori senza un euro bucato in tasca o falliti e tanti altri che pretendono aiuti o favori ovvero aspirano ad “improbabili scorciatoie”, facendo leva sulla propria forza elettorale e familiare.
I “Clientes” influenzano le istituzioni politiche, le quali, al fine di carpirne il consenso, perseverano in scelte clientelari e parassitarie, escludendo ab origine ogni forma di azione riformatrice e di sviluppo.
Comunque, tante sono le soluzioni per cambiare le cose. Ma questa è tutta un'altra storia.