Silvio Berlusconi, forse confidando nella sua solita buona stella, o nella sua consumata capacità comunicativa, ha voluto dare a questa tornata elettorale amministrativa una forte valenza politica. Forse perché, preconizzando una debacle sul territorio, sperava di tamponare le perdite, mettendoci la faccia.
Come era sempre avvenuto dal tempo della sua discesa in campo, infatti, buona parte degli italiani, ha creduto che proprio un non politico potesse risolvere tutti i mali ed i guasti che i politici di professione, stavano causando all’Italia. Si credeva che la sola presenza di un uomo libero dai giochi della politica messo a capo del governo, potesse realizzare quelle riforme rese improcrastinabili dalle dilaganti alchimie partitiche in parte anche figlie del manuale Cancelli, del tutto incomprensibili al grosso pubblico, che subiva sfiduciato la caduta anche dopo pochi mesi di governi appena costituiti.
Dal 1994 ne è passata acqua sotto il Tevere e il “fenomeno Berlusconi” si è man mano sgonfiato, principalmente per non aver saputo o potuto fare gran che in merito alla moralizzazione della politica, anzi, da questo punto di vista è meglio stendere un velo pietoso.
Il funambolico imprenditore di se stesso, nonostante sia stato capace di conquistare maggioranze stratosferiche, promettendo la luna, non ha potuto o saputo tenere fede agli impegni presi col suo elettorato. E questo nonostante i plateali contratti firmati unilateralmente davanti alle telecamere. Molti suoi elettori della prim’ora, col passare degli anni sono stati assaliti dal dubbio che la sua discesa in campo era più che altro motivata soltanto dalla necessità di difendere il proprio impero economico.
Ora, con questa tornata amministrativa, pare si avvicini per lui il “redde rationem”. Per la prima volta il mare di promesse non incanta più l’elettore smaliziato e deluso che torna a rivolgersi alla Sinistra, peraltro come sempre divisa al suo interno. Una Sinistra come sempre estremamente composita, oggi rappresentata da categorie emergenti per un verso e per l’altro dalla vetusta Diesse che non pare capace di fare tesoro degli errori del passato, quando il governo Prodi si reggeva su una composita e pittoresca coalizione elettorale ove a comandare era chi si alzava più presto la mattina.
Ora Berlusconi pare perda colpi. Ma non è detto che l’antipolitico per eccellenza non sia capace in quindici giorni di rinascere dalle proprie ceneri come novella araba Fenice. Dovrà fare i conti questa volta non solo con l’alleato di sempre, quel Bossi ancor più riottoso, ma anche con la magistratura che ritiene avere buone ragioni per far sì che il Cavaliere venga una volta per tutte sottoposto fino al terzo grado di giudizio.
Oggi più di uno crede che Berlusconi abbia raggiunto il capolinea, ma la Sinistra che dovrebbe sostituirlo resta ancora divisa fra Ds, Dipietristi, Vendola, Grillini ed altre frange minoritarie pronte a far pesare il proprio appoggio, riportando l’Italia al tempo dei “due forni”. E il Terzo Polo ancora non decolla.
Quindici giorni di fuoco attendono la politica milanese con la consapevolezza che se a Milano cadrà la Moratti, quasi sicuramente a Roma cadrà Berlusconi.
Come era sempre avvenuto dal tempo della sua discesa in campo, infatti, buona parte degli italiani, ha creduto che proprio un non politico potesse risolvere tutti i mali ed i guasti che i politici di professione, stavano causando all’Italia. Si credeva che la sola presenza di un uomo libero dai giochi della politica messo a capo del governo, potesse realizzare quelle riforme rese improcrastinabili dalle dilaganti alchimie partitiche in parte anche figlie del manuale Cancelli, del tutto incomprensibili al grosso pubblico, che subiva sfiduciato la caduta anche dopo pochi mesi di governi appena costituiti.
Dal 1994 ne è passata acqua sotto il Tevere e il “fenomeno Berlusconi” si è man mano sgonfiato, principalmente per non aver saputo o potuto fare gran che in merito alla moralizzazione della politica, anzi, da questo punto di vista è meglio stendere un velo pietoso.
Il funambolico imprenditore di se stesso, nonostante sia stato capace di conquistare maggioranze stratosferiche, promettendo la luna, non ha potuto o saputo tenere fede agli impegni presi col suo elettorato. E questo nonostante i plateali contratti firmati unilateralmente davanti alle telecamere. Molti suoi elettori della prim’ora, col passare degli anni sono stati assaliti dal dubbio che la sua discesa in campo era più che altro motivata soltanto dalla necessità di difendere il proprio impero economico.
Ora, con questa tornata amministrativa, pare si avvicini per lui il “redde rationem”. Per la prima volta il mare di promesse non incanta più l’elettore smaliziato e deluso che torna a rivolgersi alla Sinistra, peraltro come sempre divisa al suo interno. Una Sinistra come sempre estremamente composita, oggi rappresentata da categorie emergenti per un verso e per l’altro dalla vetusta Diesse che non pare capace di fare tesoro degli errori del passato, quando il governo Prodi si reggeva su una composita e pittoresca coalizione elettorale ove a comandare era chi si alzava più presto la mattina.
Ora Berlusconi pare perda colpi. Ma non è detto che l’antipolitico per eccellenza non sia capace in quindici giorni di rinascere dalle proprie ceneri come novella araba Fenice. Dovrà fare i conti questa volta non solo con l’alleato di sempre, quel Bossi ancor più riottoso, ma anche con la magistratura che ritiene avere buone ragioni per far sì che il Cavaliere venga una volta per tutte sottoposto fino al terzo grado di giudizio.
Oggi più di uno crede che Berlusconi abbia raggiunto il capolinea, ma la Sinistra che dovrebbe sostituirlo resta ancora divisa fra Ds, Dipietristi, Vendola, Grillini ed altre frange minoritarie pronte a far pesare il proprio appoggio, riportando l’Italia al tempo dei “due forni”. E il Terzo Polo ancora non decolla.
Quindici giorni di fuoco attendono la politica milanese con la consapevolezza che se a Milano cadrà la Moratti, quasi sicuramente a Roma cadrà Berlusconi.