Navanteri

Al di là dell'avanzare dei tabelloni elettronici e di innumerevoli altri mezzi e sistemi pubblicitari, la prassi di utilizzare nelle nostre comunità qualsiasi tipo di supporto, non ufficialmente predisposto, per affiggere ogni tipo di comunicazione cartacea, sia essa di carattere sociale, commerciale, politico, o quant'altro, non conosce limiti e non è in alcun modo correlato con chi amministra, visto che si tratta di un fenomeno di più vaste proporzioni socio-culturali.  Ogni spazio è buono per incollarvi un manifesto mortuario che va a sovrapporsi o affiancarsi ad uno pubblicitario col logo del tale esercizio commerciale o della marca del tal prodotto, che il giorno seguente viene proditoriamente nascosto da un volto più o meno conosciuto che chiede la fiducia per ricoprire una qualsiasi carica pubblica, come avviene in modo precipuo in questo periodo di campagna elettorale.

Bnl

Un mese questo di sfrenata propaganda in cui nessuna regola, né tanto meno il minimo buon gusto, valgono ad impedire il proliferare dei luoghi più impensati ove affiggere un volto sorridente che pare promettere tutto quello che, pur volendo, quella persona non potrà mai mantenere.
Lo spettacolo non è dei più gradevoli, ma il sistema funziona. Ed è forse proprio per questo che resiste al più asettico tabellone tecnologico, ove i messaggi ruotano in continuazione senza dare la possibilità di una sia pur minima scelta di ciò su cui fermare l'attenzione.
La costumanza delle affissioni selvagge, che non è certo da imputare unicamente all'attacchino del luogo, fa sì che, buttando il sacchetto della spazzatura, ci si imbatte, giocoforza, in un cassonetto utilizzato anche come pannello di affissione e di propaganda di persone e personaggi che, loro malgrado, si trovano  ad iniziare o a proseguire – almeno, si spera solo casualmente e involontariamente – la carriera politica proprio grazie a quel bidone della spazzatura su cui campeggia una suadente gigantografia a colori. L'irriverente parallelo balza spontaneo e non può che lasciarci quantomeno perplessi e pensierosi sul perché non  vi sia alcuna remora ne da parte del candidato, né da parte dell'attacchino, ne da parte delle varie amministrazioni che in tutto il territorio nazionale permettono tale scempio, in misura più o meno significativa.
Altrettanta perplessità (o indifferenza!) ci coglie quando a finire sul cassonetto è un povero defunto dalle cui generalità espresse nel manifesto funerario, si è spesso portati a giudicare – magari malignamente – una vita ufficialmente vissuta all'insegna dei più sacrosanti precetti cristiani, che però, a ben vedere, nascondeva zone grigie ove le più turpi nefandezze si erano consumate col complice consenso di chi gli viveva accanto. Ma anche quando ad essere pubblicizzato sul magico cassonetto è un tipico oggetto del desiderio, un prodotto commerciale di valore o anche una semplice mortadella, è facile abboccare ai richiami subliminali provenienti da un mondo industrializzato capace di presentare ogni prodotto come un toccasana, ma che in verità è solo un mezzo per attirare una clientela credulona che involontariamente contribuisce allo sfruttamento senza regole delle risorse di un pianeta che ogni giorno di più mostra le ferite inferte da una umanità sconsiderata che non si accorge di vivere sull'orlo di un abisso senza ritorno.
Leggere il manifesto affisso sul cassonetto che raccoglie la spazzatura, è un'azione spontanea e quasi automatica. Si viene così a sapere che l'amico tal dei tali ha cessato improvvisamente di vivere. Accanto gli è di conforto il sorriso suadente del candidato del tale partito che promette, in caso di elezione, di rivoluzionare la società, magari anche introducendo nuove regole sul decoro che prevedono la sparizione dei cassonetti, pur tanto comodi, purché posizionati a sufficiente distanza dalla propria abitazione.
L'aggiornamento dei manifesti è pressoché continuo, per cui sia i morti che i vivi, con cadenze più o meno ravvicinate nel tempo, lasciano il posto alle new entry. L'addetto, ripulita di tanto in tanto la superficie carica di colla e di comunicazioni ormai scadute, sostituisce un morto che lascia moglie e figli in tenera età con un "Candidato" che, probabilmente, non conosce per nulla l'originario significato che il termine aveva nella lingua di Cicerone e di cui se ne è forse indegnamente e incoscientemente appropriato.
Un fatto è certo: sia in vita che in morte, nostro malgrado, possiamo finire nella bocca di un cassonetto della spazzatura. Che si tratti di un gran personaggio che ha lasciato in questa vita una qualche traccia del suo operato o di un semplice cittadino che, con le migliori intenzioni, vuole dedicare parte del suo tempo sottratto alla famiglia, alla soluzione dei problemi della società, fa lo stesso. In una sorta di "Livella" di principesca memoria, il cassonetto della spazzatura è un punto di approdo per tutti, anche se, certamente, non proprio desiderato come luogo ove per l'ultima volta ci si può ricordare di un nome, di un evento, senza accomunarlo ai miasmi che esalano dall'immondizia.
Finire spiaccicato sulla lamiera di un cassonetto, in vita o in morte, non è il massimo a cui ognuno può aspirare nella vita. Ma non c'è da lamentarsi più di tanto. In fondo si tratta di una permanenza breve. Poi tutto pervade l'oblio. Magari fino alla prossima campagna elettorale, o al prossimo decesso, o finché le intemperie non deteriorano la stampa.
Per carità, non toglieteci il cassonetto, ultimo e  vero simbolo di equità sociale che, senza mezzi termini e involute perifrasi ci ricorda come anche una brillante carriera – absit iniuria verbis – possa iniziare e finire dal bidone dell'immondizia.

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